Pioveva; era un’intera settimana che pioveva. La pioggia, insieme all’acqua salmastra del delta del Po, sferzava la faccia di Besso. Una faccia cotta dal sole e solcata sulla fronte da due grosse e profonde rughe. Una faccia apparentemente da vecchio, ma che la folta barba nera, e due occhi vivaci, svelavano quanto fosse in realtà più giovane.
Besso aveva 29 anni, e da quando ne aveva 8 passava le sue giornate sulla barca, in giro là, dove il Grande Fiume va a morire, pescando.
Aveva una bella barca, Besso, che divideva con un cugino. Era nera, per via delle ripetute calafature a cui ogni anno pari la sottoponevano.
Era larga 5 piedi per 15 di lunghezza.
La chiglia e i brioni di poppa e di prua erano di solida quercia, con le parti ancora incastrate con il sistema a dardo di Giove; il fasciame era di cipresso ben stagionato, e le cinte cucite con biette di faggio e cavicchi di bosso. Così come gli aveva consigliato il maestro d’ascia che l’aveva costruita: non ne facevano più di barche così.
Al centro, poi, aveva un pozzetto per conservare il pesce fresco, un acquario a base quadrata di 3 piedi di lato. Era proprio una gran bella barca.
Ma questo era prima della sciagura, di quella notte che lo stava portando alla morte.
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