Il portone era accostato. Sbirciando tra le fessure vide penombre, mentre un forte odore di umido e muffa impregnava l’aria, i suoi vestiti.
Venezia non cambiava. Mai. Erano secoli ammassati uno sull’altro quello che si poteva palpare, più di quanto qualsiasi stimolante sintetico riuscisse a provocare.
Il silenzio, oltre i pochi sciabordii lontani, era sovrano.
Visioni in lontananza di una processione verso un’edicola antica, medioevale, con pochi lumini sopra che sapevano di contrasto con la luce irreale dei neon di tante sale macchine, sparse per la città ormai meta soltanto degli ultimi hacker: quasi un fortino la ritenevano, rimasto immune dalle penetrazioni dei network telematici zippati di pubblicità e di demagogia consumistica.
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