GIOVEDI’ ore 11 circa
“Io lavoro al bar di un albergo a ore, porto su il caffè a chi fa l’amore”, chi la cantava quella canzone? Mah! L’avranno cantata due o tre cantanti diversi. Una era la Vanoni, sono sicuro. Ma la cantava anche un uomo. Strano che mi ricordi meglio la Vanoni: non è mai stata una per cui impazzivo. Bello scoprire che qualcuno ha composto una canzone pensando a uno come me. Se si esclude il fatto del caffè – io non lo porto su, il caffè, a chi fa l’amore – quello della canzone è proprio come me: un motel appena fuori città, dove si fermano in pochi a pernottare ma dove, in compenso, vengono tante coppie più o meno clandestine. Il motel è abbinato ad un ristorante che gode di una certa fama soprattutto perché, dal lunedì al venerdì, ci si fermano tanti camionisti e, si sa, dove si fermano loro vuol dire che si mangia bene a prezzi ragionevoli. Il sabato e la domenica, invece, cuoche e camerieri diventano scemi con i ricevimenti per i matrimoni. Il motel offre una ventina di camere che, di solito, non rimangono mai occupate per più di un paio d’ore. Il personale qui è ridotto al minimo: io e la donna delle pulizie. Mi faccio quasi dieci ore al giorno ad orario continuato, dalle nove del mattino alle sette di sera. Quando stacco, se qualcuno vuole una camera, deve rivolgersi alla cassiera del ristorante. Al proprietario gli costa più di lavanderia che di stipendi per i dipendenti. Perché, saremo anche un albergo a ore ma alla pulizia ci teniamo, anche se sono sicuro che buona parte dei nostri ospiti non hanno neppure il tempo di accorgersi se le lenzuola sono o non sono fresche di bucato. Comunque noi le cambiamo sempre, le lenzuola, anche perché se il motel avesse l'aspetto di una topaia, ci rimetterebbe anche il ristorante.
Ma come ci sono finito, in questo posto? In questo lavoro?
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